Lirica

Non solo Rossini: anche “Il barbiere di Siviglia” di Paisiello alla Chigiana 2019

Non solo Rossini: anche “Il barbiere di Siviglia” di Paisiello alla Chigiana 2019

La rappresentazione in forma semiscenica del capolavoro di Paisiello al Teatro dei Rinnovati in Siena ha messo alla prova alcuni allievi della classe di canto di William Matteuzzi.

E' alquanto avaro con gli amanti della lirica, il Chigiana International Festival di Siena edizione 2019. Pur nella generosa offerta di eventi, ci si è dovuti accontentare di un allestimento semiscenico de Il barbiere di Siviglia – non quello di Rossini, quello di Giovanni Paisiello - ospitato sulla scena del Teatro dei Rinnovati, gioiello nascosto all'interno d'un altro gioiello come il Palazzo Pubblico. Vale a dire senza un minimo di scenografia, e con solo un accenno di costumi. 

Neppure riecheggianti l'Epoca dei Lumi, fra l'altro, ma d'una banale, qualunquistica modernità. Per fortuna la regia di Cesare Scarton sa come condurre il gioco delle parti, e tratta i personaggi con scaltra teatralità, arrivando alla massima singola caratterizzazione, portandoli ad interagire con danzante esuberanza. Et voilà, ecco tutta la freschezza ed il brio del libretto del Petrosellini restituiti allo spettatore.
 

Un'orchestra ai minimissimi termini

Molto più sacrificata però, in questo contesto, la resa musicale della vivace partitura del compositore tarantino. Creata nel 1782, come è risaputo, per la raffinata corte della zarina Caterina di Russia, ed assurta in un lampo a prototipo dell'opera buffa italiana, un po' per meriti propri, un po' per il travolgente successo raccolto ovunque. Assai poco comprensibile difatti scelta di affidare il sostegno orchestrale solamente ad un quartetto d'archi – bravissimo, per carità, è il giovane da Bresler Quartett formato da Maria Diatchenko, Chrystelle Catalan, Maria Kropotkina, Giovanni Inglese– integrato dal fortepiano di Angelo Michele Errico. Il quale era incaricato altresì della concertazione, condotta con buona perizia, e che si è inventato di tutto – dagli interventi all'organo positivo sino agli scampanellii – per integrare un tessuto strumentale divenuto così arido. 

Ma che non ha potuto certo supplire alla mancanza di spessore sonoro, alla assoluta povertà di colori, alla monotonia timbrica. Si pensi che l'organico del Barbiere prevederebbe – oltre ad una congrua sezione d'archi – coppie di flauti, clarinetti, oboi, corni e fagotti: su per giù quello in uso nei decenni finali del '700. Così, quello che s'è sentito a Siena era, a conti fatti,  solo una sorta di ronzio musicale.

Siamo agli inizi di carriera, vedremo...

Le voci in campo sono tutte giovani, tutte in evoluzione, tutte alle prese con i primi cimenti in pubblico. Alcune sono a Siena per seguire il master chigiano del tenore William Matteuzzi, che ha in mano le redini di questa impresa. C'è chi già fa drizzare le orecchie, c'è chi ha una personalità ancora da definire. Come nel caso del giovane tenore Paolo Mascari – il Conte Almaviva - impacciato nel recitare e con uno strumento ancora tutto da tarare. Funzionano invece bene in scena e nel fiato i due bassi motori dell'azione – il Figaro di Giacomo Nanni ed il Bartolo del costaricano William Hernández

Rivelano già tempra di validi interpreti, al pari della piccante ed agile Rosina del soprano Fiorenza Maione, cui diamo tempo per mettere meglio a fuoco le colorature. Buone premesse anche nel Basilio di Carmine Giordano. Nelle parti di contorno il Notaro è reso dal basso Alessio Fortune Ejiugwo, Svegliato dal basso Marco Barbon, Giovinetto e l'Alcade dal tenore Jiangchen He.

(visto il 25 luglio 2019 al Teatro dei Rinnovati in Siena )